Sono trascorsi 54 anni dalla scomparsa di Marilyn Monroe, icona senza tempo di femminilità e seduzione. La complessa storia personale e il profilo psicologico della diva di Hollywood non smettono di suscitare curiosità e interesse. L’attenzione si ridesta ogni qualvolta, soffocata dal peso del successo e dal disagio esistenziale, muore una stella. Prince è l’ultima in ordine di tempo, ma la lista, passando per Jim Morrison, Kurt Cobain e Amy Whineouse, comprende 27 precedenti illustri. «Marilyn è stata il primo caso di morte per suicidio/overdose nel mondo dello spettacolo, ad avere risonanza mediatica mondiale; dopo di lei (…) numerosissime sono state le morti in circostanze analoghe di giovani popstar». È quanto scrivono nel libro “L’altra Marilyn. Psichiatria e psicoanalisi di un cold case” (Le Lettere editrice) Liliana Dell’Osso, docente ordinario di Psichiatria e direttore della Clinica psichiatrica dell’Università di Pisa, e Riccardo Dalle Luche, psichiatra e psicoterapeuta. L’autrice del volume che, visto il successo, è stato ristampato ad aprile, un mese dopo la prima edizione, è stata ieri ospite dell’Inner Wheel club. Nel corso della serata, condotta dal giornalista Giancarlo Ghirra, è intervenuto anche Bernardo Carpiniello, direttore della Clinica psichiatrica dell’Università di Cagliari.
Liliana Dell’Osso ha tratteggiato la personalità dell’attrice, ipotizzando per la prima volta che Marilyn Monroe (Norma Jeane all’anagrafe, figlia di una madre «frigorifero» e di padre incerto, forse vittima di abusi infantili e certamente di traumatici abbandoni), fosse affetta da una lieve forma di autismo. L’incontro è stata anche l’opportunità per riflettere su una società psicotica che fabbrica maschere e falsi sé ed usa Facebook come mezzo privilegiato per esaltare l’ambizione alla perfezione e alla bellezza e celebrare il culto narcisistico dell’io. «Ho tante Marilyn tra le mie clienti, figlie di una società borderline», dice la specialista.