E’ difficile tirare le fila di una vita, di un percorso, umano e professionale. Se guardo indietro, la prima immagine che mi viene in mente di me stessa è quella di una bambina che, con le labbra serrate e l’espressione troppo seria, tornata a casa da scuola orgogliosa di un bel voto, riusciva a fatica durante il pranzo a strappare la parola ai fratelli maggiori – che non la cedevano facilmente a favore di uno dei più piccoli, donna per giunta. Ricevevo in cambio non solo l’attenzione, ma soprattutto la stima e la credibilità dei genitori. Già allora sapevo che, per essere presa sul serio, avrei dovuto impegnarmi a fondo, senza risparmiarmi.
E così, quando diciottenne decisi di intraprendere gli studi di medicina – invece di quelli di lettere, considerati più indicati alle ragazze nel Sud in quegli anni ’70 – ottenni, anche grazie al prezioso sostegno dei miei fratelli, il permesso di studiare a Pisa. Sapevo che il trasferimento, gli studi universitari, sarebbero stati la prova del fuoco: mi trovavo in un ambiente nuovo, pieno di possibilità, ma anche molto competitivo. Io non mi sono fatta scoraggiare, e ho combattuto tenacemente per rendere il futuro aderente alle mie aspettative. Così facendo ho scoperto che il mondo non era, in realtà, poi così diverso dalla tavola della mia infanzia: la gente mi avrebbe ascoltata. Buttandomi nello studio, ho avuto ad esempio la soddisfazione di essere invitata dal prof Bertolucci (istologo) o dal prof Moruzzi, (fisiologo, due volte candidato al premio Nobel), dopo aver sostenuto l’esame, a frequentare come alunna interna. Invito declinato perché, pur amando moltissimo la ricerca, la mia grande passione era la clinica, il paziente.
Dopo la laurea (conseguita con la dignità di stampa), ho avuto la fortuna di avere maestri e colleghi, come il prof. Luciano Conti, il prof. Pietro Sarteschi, il prof Giovanni Battista Cassano, che mi hanno incoraggiata e guidata, fino al conseguimento della posizione di professore ordinario: grazie al loro sostegno, ho scoperto che, al di là della competizione serrata, della fatica, delle sfide e a volte delle delusioni, si nascondevano anche grandi gioie, esperienze professionali ed umane di immenso valore.
Oggi considero la Clinica Psichiatrica dell’Universita’ di Pisa, la mia seconda casa. E i miei collaboratori, i miei studenti e specializzandi, i miei maestri sono i membri di una grande famiglia, con cui condivido un universo di saperi, esperienze, idee, sogni. Nel mio percorso di ricerca, come in tutto il resto, mi sono sempre ostinata a dire la mia. In modo consapevole, certo, all’inizio studiavo con impegno anche solo per poter fare una domanda assistendo ad un seminario, ma non mi spaventava mostrarmi in disaccordo. Finivo sempre, così, per imbarcarmi in studi controtendenza. Ho avuto la fortuna e l’onore di partecipare, da giovane ricercatrice, allo “Spectrum Project”, un progetto internazionale partito nel 1995 dalle Università di Pisa e Pittsburgh, che poi ha coinvolto la Columbia di New York e San Diego, basato su un modello dimensionale della psicopatologia, inizialmente guardato con scetticismo e che alla fine è stato accolto dalla comunità scientifica. Recentemente all’interno di questo progetto è stato validato il modello dello spettro autistico sottosoglia. Ogni anno, durante le Giornate Pisane di Psichiatria e Psicofarmacologia clinica, presentiamo ai colleghi il lavoro che svolgiamo in clinica. Ma dopo tanti anni di ricerca, ho capito che non basta, come non basta pubblicare sulle riviste scientifiche: da accademici, siamo chiamati ad impegnarci anche nella divulgazione. Verso questo tentativo di divulgare un messaggio in modo comprensibile a tutti vanno anche i due libri di cui sono coautrice: L’altra Marilyn, edito per Le Lettere, e L’abisso negli occhi, edito per ETS.
Note curriculari
Liliana Dell’Osso nel 1972 ha conseguito a Matera la maturità classica con 60/60 e si è poi trasferita a Pisa per gli studi di Medicina e Chirurgia. Si è laureata nel 1979 con 110/110, lode e dignità di stampa e specializzata in Psichiatria nel 1984 con 70/70 e lode. Dal 1983 al 1987 è stata Ricercatore in Farmacologia e, dal 1987 al 1992 in Psichiatria. Professore associato di Psichiatria dal 1992, ha conseguito l’ordinariato nel 2001. Dallo stesso anno è diventata Direttore dell’UO di Psichiatria. Dal 2010 è Direttore della Scuola di Specializzazione, dal 2011 è Presidente del corso di Laurea in Tecniche della riabilitazione psichiatrica e del Master in Medicina delle dipendenze. Dal 2012 coordina l’attività scientifica e didattica del Dipartimento Integrato di Neuroscienze e, dal 2015 è Vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria
E’ autrice di oltre 600 pubblicazioni su riviste scientifiche prevalentemente internazionali.
Ha uno Scholar h-index di 53 ed è al 55 posto nella Top Italian Scientists, Clinical Sciences, della Virtual Italian Academy che include tutti gli scienziati italiani che lavorano nel mondo.
È inserita nel catalogo online delle scienziate italiane 100esperte.it, che raccoglie i 100 profili di professioniste della scienza